Il senso del viaggio di Fabio Clerici
Per chi ama il treno, e pensa che viaggiare sia portare in giro il proprio mondo interiore, più che soltanto il proprio corpo e i propri bagagli, apprezzerà senz’altro come me, queste immagini di un treno pieno di speranza. In questa raccolta di poesie, la seconda, di Fabio Clerici, “Il senso del viaggio. Viaggiando nei sensi. Atlante poetico”, dove “il profumo di treno”, sensazione amorosa più che ossimoro, si mescola ai pasti frugali consumati in viaggio, come si mescola alle emozioni vissute in questi frangenti, appunto un viaggio nei sensi.
In un momento nel quale per esempio spariscono i treni notturni dal Sud, perché siamo diventati più moderni e, come in ogni avanzamento del mondo e della tecnologia, obliteriamo e perdiamo qualcosa, il ricordo del poeta serve anche, in modo quasi circolare, a riportarci ad un passato dal quale non si fugge, che non ci deve ossessionare ma che dobbiamo sentire vivo nonostante tutto. Sì, certo, il mondo è un libro e lo stiamo sfogliando con attenzione e con continue sorprese e può essere un viaggio lo stesso scivolare tra queste poesie, che stavolta brillano particolarmente per semplicità e linearità. Non è nell’ispirazione di Fabio Clerici l’eccessiva complicazione né si lascia velare da un’ostinata ricerca di senso: il senso lo trova nelle cose che vede e descrive. Come già mi capitò di osservare per la sua prima raccolta, “Le parole e la pietra”, in quanto si tratta di una poesia fortemente calata nelle cose e tra le cose di ogni giorno, che possono brillare di una luce inattesa ma non sospetta. L’autore parla ad un certo punto di “mondo pacificato” ed in effetti forse quello che questa raccolta vuole comunicarci è proprio questa sensazione di afflato universale di pace, una poesia che ci guarisce, ci sana, prima di tutto dalle nostre fisime di intellettuali. A questo riguardo l’immenso nulla del Sahara può valere come i grappoli d’autunno o come il dormiveglia del poeta ragazzo nella Giulietta grigia dei genitori (specialmente il ricordo del padre percorre in vari punti il viaggio poetico). E il viaggio trova anche accenti più intimi e riservati, come nel caso di “Così vorrei riposare”, di cui ricordo l’ispirata chiusa: “così vorrei riposare/ricordando l’emozione/di quella solitaria chiesetta/in fondo al sentiero…”.
Sono indubbiamente poesie che si prestano alla recitazione e al dono, che è poi quello che Fabio fa spesso, ma direi quotidianamente nelle sue intenzioni, ai lettori del suo libro, come anche a coloro che ascoltano le sue frequenti letture poetiche. Ed è bello che sia così, perché, tra i mille impegni e le tante distrazioni, non siamo più abituati a prestare attenzione alla voce di un poeta.
La silloge si chiude con un racconto, “Il sesto senso”, dove ancora una volta ricorre la tematica del viaggio, proprio nel senso che dicevo prima, cioè quello di percorso tra le emozioni, prima ancora che tra i fatti. Questo racconto non soltanto trova una dimensione onirica ed anche una qualità di scrittura non banale, ma rappresenta anche qualcosa di quel che Clerici ci riserva: sempre un poeta sì, ma forse stavolta in prosa, con una vera e propria raccolta di racconti. Che aspettiamo con interesse in questo 2012.
A cura di Carlo Santulli per PROGETTO BABELE